Le peschine della domenica

Ci sono due scuole di pensiero per queste deliziose pastine: una ha il classico impasto di pasta brioche intrisa di alchermes e rhum e una, invece, ed è quella che vi presento,  prevede un impasto un po’ più duro, leggermente savoiardato, inzuppato nel solo alchermes. Per me queste pastine hanno un gusto antico, un gusto che potevamo trovare nei pranzi della domenica delle case borghesi degli anni ’50.

Ingredienti

Per i biscotti
500 g di farina OO
175 g di zucchero semolato
3 uova
100 g di burro

1 bustina di lievito
la scorza grattugiata di un limone
4 cucchiai di latte
1 pizzico di sale
Per la crema pasticcera
300 ml di latte parzialmente scremato
4 tuorli
110 g di zucchero semolato
25 g di farina
1 baccello di vaniglia
Per la decorazione
alchermes
zucchero semolato
gocce o scaglie di cioccolato fondente
tappetino per i macarons in silicone

Preparazione

Cominciate con preparare la crema pasticcera mettetendo a scaldare 220 ml il latte con i semini estratti dal baccello di vaniglia e il baccello stesso che contribuirà ad aromatizzare la crema. Fate scaldare a fiamma media e spegnete non appena comincia a bollire. In una ciotola mettete i tuorli con lo zucchero e, aiutandovi con un frustino elettrico, sbattete bene fino ad ottenere un impasto spumoso e chiaro. Versate 1/3 del latte filtrato e ormai raffreddato nell’impasto usando molta cautela per non rovinare la crema e continuate a mescolare con le fruste. Setacciate la farina e unitela poco alla volta dentro la crema continuando a mescolare. Versate la crema ottenuta dentro la pentola con il latte fatto bollire in precedenza. Portate a ebollizione a fiamma lenta continuando a mescolare manualmente con un cucchiaio di legno o una frusta, ma mescolando sempre in senso orario. Aggiungete a filo il latte messo da parte continuando a mescolare e fate bollire per circa un minuto a fiamma bassissima dopo di che fate raffreddare e mettete in frigo appena potete coprendo con una pellicola trasparente.

Nel recipiente di un robot da cucina mescolate la farina, il lievito, lo zucchero, il sale, il burro a temperatura ambiente e le 3 uova. Impastate il tutto aggiungendo il latte richiesto nella dose, ed eventualmente, anche qualcosa in più per ottenere un impasto piuttosto morbido ma lavorabile con le mani. Lavorate bene l’impasto per farlo diventare elastico. Infarinatevi le mani e prelevate con la punta delle dita una noce di impasto con il quale formerete delle palline e adagiatele sul tappetino per macaron o su una teglia foderata con carta forno, distanziandole di qualche cm l’una dall’altra. Procedete così fino ad esaurimento dell’impasto. Infornate le palline ottenute in forno già caldo a 180° per circa 12-15 minuti facendo attenzione a non farle colorire. Estraete le palline dal forno e lasciatele raffreddare.

Mettete l’alchermes in una ciotola e un po’ di zucchero semolato in un’altra. Prendete le palline e immergetele nell’alchermes premendole anche un po’ verso il fondo. Con uno spelucchino scavate leggermente al centro della parte piatta di ogni pezzo e passate la parte esterna nello zucchero. Preparatene un po’ e poi, con un cucchiaino, mettete la crema dentro alla parte scavata e abbondate perchè vada anche nell’incavo di un’altra semisfera a cui accoppierete la prima. Sistemate la peschina in un pirottino e mettete sulla sommità una scaglia o una goccia di cioccolato fondente. Se la crema dovesse risultare ancora un po’ morbida, prima di metterla nelle peschine, mettetela per circa 5 minuti nel congelatore.

Conservate in frigo e mangiatele, preferibilmente, il giorno dopo.

Dolci letture

Erano gli anni '30, quando i balilla erano una cosa seria e l'olio di ricino anche, quando le donne erano sirene da conquistare e gli uomini veri galantuomini... erano gli anni di Amarcord di Federico Fellini, gli anni di un'adolescenza che il regista ricorda e narra attraverso Titta e la sua famiglia. Ambientato in una Rimini onirica, troviamo tutti gli ingredienti di quegli anni, la famiglia di Titta con il padre antifascista Aurelio, il nonno Oliva e i suoi gesti inconfondibili, lo zio matto Teo, la madre Miranda con il suo memorabile "io divento mattaaaaaa", il Pataca, e poi gli abitanti del borg': Gradisca in perenne ricerca del grande amore, la Tabaccaia i cui seni ricordano le curve delle nostre peschine, i compagni di scuola di Titta e gli strampalati professori, gli avventori del Grand Hotel, la Volpina che soddisfava le proprie voglie con chiunque. Nelle magiche scenografie gli eventi della storia perdono importanza e diventano ricordo di un passato ormai fuori dal tempo, un passato che s'intravede e diventa altro, proprio come il mostro misterioso che appare a Oliva disperso nella nebbia e che altro non è che un innocuo bue. E' proprio sulla tavola della famiglia di Titta che immaginiamo queste peschine... speriamo vengano salvate dalla furia di Aurelio quando, dopo l'ennesimo litigio con la moglie in seguito all'ultima bravata di Titta, "sparecchia" la tavola tirando la tovaglia e facendo finire tutto per terra, lui compreso....ma per i salvataggi delle vivande preziose c'è Pataca con la sua flemma leggendaria.
Alessia